Intervento rimandato. Covid blocca la sanità
L’impatto che la pandemia del Covid-19 ha avuto sul nostro sistema sanitario è stato devastante, ripercuotendosi sull’attività chirurgica degli interventi considerati non salva-vita. Di conseguenza anche sulla condizione dei pazienti in attesa di entrare in sala operatoria per l’intervento rimandato. Diciamo, un’emergenza nell’emergenza.
Negli scorsi mesi sono stati circa 410mila gli interventi chirurgici rimandati. Per il dirottamento di anestetisti e infermieri verso i reparti Covid-19 e per la necessità di ridurre il rischio di esposizione al virus (fonte Nomisma). A livello globale hanno toccato quota 28 milioni gli interventi rimandati per l’emergenza coronavirus (fonte British Journal of Surgery).
Le storie di pazienti che hanno dovuto affrontare o stanno affrontando momenti complicati a causa dell’intervento rimandato causa Covid-19 sono tante.
Sarebbero tutte da raccontare. E l’ HuffingtonPost ha raccolto alcune testimonianze che ha riassunto in questo articolo.
Mariella ha dovuto rimandare il suo intervento ortopedico. Fatica ormai a muoversi, e racconta: “Cinque anni fa sono stata operata all’anca a Roma, ma il mio corpo ha reagito male. Attorno alla protesi si sono formate delle calcificazioni che ostacolano la gamba nei movimenti. Tra fine novembre e inizio dicembre 2019, anche l’altro arto ha iniziato a dare problemi. Durante una visita di controllo, ho scoperto la necessità operami per conservare almeno la funzionalità della gamba senza protesi”.
“Avrebbero dovuto operarmi a fine maggio-inizio giugno 2020, ma l’emergenza ha sconvolto ogni piano” racconta Mariella. Ed aggiunge: “Per la riprogrammazione dell’intervento al momento parliamo dei primi mesi del 2021, ma è tutto incerto. D’altronde, l’emergenza Covid non è finita. Rimango in attesa e muovermi è sempre più complicato.”
Alessandro operaio 38enne di Matelica (Macerata), invece, inizia il racconto sul suo intervento rimandato con queste parole: “Ho rischiato la paralisi a causa di un’ernia!”
Nel febbraio scorso avrebbe dovuto affrontare un’operazione all’ernia discale in un ospedale della provincia di Pesaro. Vedendosi rimandato l’intervento per lo scoppio dell’emergenza Covid-19, l’uomo, disoccupato, è dovuto ricorrere a un intervento presso una struttura privata. Pagato coi fondi raccolti dalla solidarietà del web.
“Non potevo più andare avanti in quel modo. Ero ridotto in una condizione di immobilità, con dolori fortissimi mentre l’intervento continuava a essere rimandato causa Covid. Nel frattempo, un medico mi aveva proposto di operarmi privatamente: era l’unica soluzione, ma non potevo permettermela”. Così ha raccontato Alessandro, che ha dovuto trascorrere giorni disteso a letto in attesa di entrare in sala operatoria. Poi, grazie all’appello lanciato sui social network, l’uomo è riuscito a raccogliere la cifra necessaria per l’operazione.
Non solo ortopedia
A rendere complicata la vita dei pazienti non sono soltanto interventi rimandati dell’area ortopedica. Lo dimostra Pina, insegnante romana in pensione che racconta. “L’anno scorso ho subito un distacco della retina e, dopo lo scoppio dell’emergenza Covid, ho dovuto rimandare di tre mesi l’intervento. Anche se si tratta di un intervento ambulatoriale, un’iniezione intravitreale, che serve a proteggermi dalla perdita progressiva della vista. Ma cui devo sottopormi necessariamente ogni due mesi per evitare conseguenze peggiori”.
Tutti i settori sono coinvolti
Le lungaggini, dunque, toccano ogni settore. Stando ai recenti dati forniti da Paolo De Paolis, presidente della Società Italiana di Chirurgia, gli interventi rimandati hanno interessato in particolare alcune categorie. Il 56% dei ricoveri per interventi legati a disturbi dell’apparato cardiocircolatorio. La quasi totalità dei ricoveri per patologie otorinolaringoiatriche ed endocrine, nutrizionali e metaboliche. L’area ortopedica con 135mila ricoveri rimandati.
Il presidente Sic ha aggiunto: “Finita l’emergenza, le sale operatorie avrebbero dovuto lavorare al 120% delle loro possibilità. Ma i blocchi operatori, in questo momento, stanno operando solo al 70%. Le conseguenze sono facilmente immaginabili in termini di liste d’attesa”.