Liste di attesa, il governo cambia rotta: stop al decreto, avanti con un disegno di legge
A pochi giorni dal Consiglio dei Ministri e dalle elezioni europee, si è deciso di optare per un percorso più lento. La scarsità di fondi disponibili e le proteste del settore sanitario hanno spinto il Ministero della Salute a rivedere la propria strategia.
La creazione di un Sistema nazionale per la gestione delle liste di attesa, una cabina di regia a Roma, qualche fondo aggiuntivo per gli straordinari dei medici e un aumento del tetto di spesa per i privati convenzionati non sono risultate misure decisive da promuovere in vista delle elezioni europee. Inoltre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbe stanziato solo 300 milioni di euro, una cifra pari a un quinto di quanto realmente necessario. Pertanto, ciò che doveva essere la grande risposta del governo sul problema delle liste di attesa non sarà presentato come decreto legge, ma seguirà invece il più lento iter del disegno di legge. La scorsa settimana, quando è circolata la bozza del decreto, sono piovute critiche da sindacati e Regioni, che hanno redatto un documento critico mai trasmesso al ministro della Salute Orazio Schillaci, il quale da settimane annuncia il provvedimento anti-attese e ora sarà costretto a rivedere i piani.
Le modifiche
Il decreto legge, già pronto nelle bozze, avrebbe dovuto essere convertito entro 60 giorni. Il disegno di legge, invece, seguirà l’iter parlamentare, con passaggi in commissione e in aula, oltre a emendamenti e modifiche da discutere.
Contenuti del provvedimento
Il Ministero della Salute aveva preparato un testo di una ventina di pagine, che alternava norme già esistenti in alcune Regioni ad altre che, secondo le amministrazioni locali, non ricevevano finanziamenti adeguati. Si parlava, ad esempio, del “diritto all’effettiva erogazione delle prestazioni sanitarie” e del “divieto di sospendere le prenotazioni”, già stabiliti in altre normative. Si ribadivano inoltre i tempi di attesa massimi per ogni classe di priorità stabilita dai medici per visite ed esami. Veniva promossa ancora una volta la telemedicina, con l’obbligo per gli ospedali di integrare tutte le agende nei CUP (Centri Unici di Prenotazione), e si combatteva l’inappropriatezza delle prescrizioni mediche. Erano previste inoltre un controllo centrale da Roma dei tempi di attesa delle Regioni e la possibilità per l’Agenas, l’Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, di effettuare audit nelle ASL. I fondi erano destinati a pagare gli straordinari ai medici che lavorano di più per ridurre le liste di attesa. Inoltre, la bozza prevedeva un aumento del tetto di spesa per le attività dei convenzionati, una misura criticata perché vista come un modo per favorire i privati.
Le ragioni del cambiamento
Il motivo del cambio di rotta non è stato spiegato, ma sarebbe stato molto difficile far passare un provvedimento del genere con un decreto legge, che per sua natura deve essere urgente. Inoltre, l’effetto di propaganda elettorale sarebbe stato limitato, visto che non erano previsti molti investimenti. Difficile presentare come una novità decisiva un sistema centralizzato di monitoraggio o la lotta all’inappropriatezza. Inoltre, gran parte del settore sanitario era insoddisfatta della norma. Il decreto sulle liste di attesa era uno dei numerosi decreti che il governo Meloni voleva approvare prima delle elezioni, e il problema dell’eccesso di decreti aveva attirato l’attenzione del Quirinale. Alla fine, l’esecutivo ha deciso di rinunciare al decreto sulle liste di attesa anche per ridurre il problema del sovraffollamento legislativo.
Meloni: visite ed esami anche nel weekend
Durante il comizio di chiusura della campagna elettorale di Fratelli d’Italia in piazza del Popolo, Meloni ha parlato del provvedimento, senza specificare quale sarà la sua natura: “Nei prossimi giorni faremo un altro provvedimento per costruire un meccanismo nazionale di monitoraggio delle liste d’attesa, che non esiste. Vuol dire avere la possibilità di intervenire in maniera puntuale. E ci saranno soluzioni per effettuare visite e prestazioni sanitarie anche il sabato e la domenica, abolire il tetto di spesa per l’assunzione dei medici, coinvolgere di più gli specializzandi, sanzionare i dirigenti sanitari che non dovessero rispettare gli obiettivi di riduzione delle liste d’attesa, premiandoli invece se lo fanno”.
Fonte: repubblica.it