L’Italia paese di passaggio, persino i sanitari stranieri ci abbandonano.
La fuga dei professionisti sanitari dall’Italia è un fenomeno che coinvolge non solo i cittadini italiani, ma anche coloro che si sono formati nel nostro Paese, magari ottenendo la cittadinanza, per poi trasferirsi all’estero alla ricerca di stipendi più generosi e condizioni lavorative migliori. Questa tendenza contribuisce alla carenza di personale che affligge il settore sanitario pubblico, spingendo diverse Regioni a cercare soluzioni attraverso reclutamenti internazionali, ad esempio dall’America Latina.
Recentemente, la Sicilia ha promosso un bando per il reclutamento temporaneo di circa 1.500 medici, con una domanda concentrata soprattutto nei settori dell’urgenza e della rianimazione, dove si registra una maggiore carenza di personale. Tuttavia, il numero di risposte al bando è stato deludente, con soli 50 candidati e solo 16 effettivamente reclutati. Questo evidenzia un problema più ampio: la necessità di affrontare la carenza di medici non può essere risolta solo con reclutamenti temporanei, ma richiede un approccio più strutturale.
Il caso della Sicilia non è isolato, bensì rappresenta un sintomo della mancanza di attrattiva della sanità pubblica italiana in un mercato del lavoro globalizzato. L’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) ha ricevuto migliaia di richieste da parte delle Regioni negli ultimi cinque anni, testimoniando un interesse da parte di professionisti provenienti da diverse parti del mondo. Tuttavia, molte di queste richieste sono rimaste inevasa a causa delle incertezze e delle difficoltà che i professionisti stranieri incontrano nel cercare lavoro in Italia.
La situazione è aggravata dalla mancanza di integrazione per i professionisti stranieri, che spesso si trovano esclusi dai concorsi pubblici una volta terminato il loro contratto temporaneo. Questo problema riguarda anche gli infermieri, con una carenza stimata di 150.000 unità, destinata ad aumentare con le future riforme del sistema sanitario. Il reclutamento internazionale può rappresentare un’opportunità per colmare questa lacuna, ma è solo un palliativo a una falla strutturale più profonda. Serve una maggiore valorizzazione del lavoro sanitario, una politica di reclutamento più chiara e un percorso di integrazione più solido per garantire la sostenibilità a lungo termine del sistema sanitario italiano. Altrimenti, il rischio è quello di continuare a perdere professionisti che cercano migliori opportunità all’estero, mettendo a rischio la qualità e l’efficienza del servizio sanitario nazionale.
Fonte: nursetimes.org