Covid, Von der Leyen. “Proposta legislativa per un Green Pass digitale”
“Questo mese presenteremo una proposta legislativa per il Green Pass digitale”. Ursula von der Leyen propone i certificati vaccinali per consentire agli europei di tornare a viaggiare in Europa in vista dell’estate. La presidente della Commissione Europea, dunque, torna sui suoi passi.
Pochi giorni fa, infatti, si era schierata contro i “passaporti Covid”, in linea con Parigi e Berlino. Dopo che giovedì scorso i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno trovato un compromesso sul cosiddetto “Green Pass”, la Von der Leyen ha cambiato idea.
A gennaio erano stati i paesi mediterranei, Grecia in primis, e alcuni nordici, come la Svezia, a chiedere i “passaporti vaccinali”, che consentissero a chi è stato immunizzato di potersi muovere liberamente in Europa. Idea nata per evitare di perdere un’altra stagione estiva, un durissimo colpo per i paesi le cui economie dipendono maggiormente dal turismo.
La proposta, però, era stata bocciata da molti leader, guidati da Merkel e Macron. Il loro timore era di urtare le proprie opinioni pubbliche, largamente contrarie al vaccino. Avrebbe significato indirettamente rendere obbligatoria anche la vaccinazione. Una discriminazione per chi non vuole o non può vaccinarsi.
Cosa è cambiato
Al summit di giovedì scorso, tre fattori hanno sbloccato il negoziato. Innanzitutto, Mario Draghi. Si è infatti mostrato tra i favorevoli, mentre il precedente governo di Giuseppe Conte aveva assunto una posizione attendista. In secondo luogo, il fatto che i paesi favorevoli hanno minacciato di procedere con accordi bilaterali, anche con paesi extra-Ue, per lanciare autonomamente i passaporti vaccinali. Rischiando così di rompere clamorosamente l’unità europea in estate. E infine non sarà obbligatorio per viaggiare, ma lo renderà più facile. Insomma, un documento più ampio del passaporto vaccinale. E che non discrimina chi non si è fatto vaccinare e che non è una condicio sine qua non per viaggiare.
Un compromesso accettato da tutti i leader, che appunto giovedì sera hanno dato mandato alla Commissione europea di lavorarci. Ieri la conferma di Ursula von der Leyen. “L’obiettivo – ha spiegato la numero uno dell’Eurogoverno – è certificare le persone vaccinate, i risultati dei test di quanti non si sono potuti immunizzare e informazioni sulla ripresa dal Covid. Rispettando ovviamente la protezione dei dati, la sicurezza e la privacy“. Il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer, ha sottolineato che il Digital Green Pass sarà proposto ai governi entro marzo e che servirà a “facilitare i viaggi di lavoro e di piacere”. L’idea, ha confermato, è di “averlo in funzione da qui a tre mesi”, dunque entro giugno.
Dall’Europa, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, con un tweet annuncia: “Presenteremo questo mese una proposta legislativa per un Green Pass digitale. L’obiettivo è fornire prova che la persona sia stata vaccinata oppure i risultati dei test per chi non ha ancora potuto vaccinarsi ed eventuali informazioni su guarigione da Covid-19“. E assicura: “Rispetterà la protezione dei dati, la sicurezza e la privacy. Il Digital Green Pass dovrebbe facilitare le vite degli europei. Lo scopo è consentire gradualmente ai cittadini di muoversi in sicurezza nell’Ue o all’estero, per lavoro o per turismo“. La data è il 17 marzo. Quando “la Commissione europea presenterà un pacchetto con il Green Pass Covid che si concentrerà sui viaggi e la revoca delle restrizioni, per una riapertura comune sicura“. Questo ha detto il vicepresidente dell’Esecutivo comunitario, Margaritis Schinas, alla conferenza stampa al termine della videoconferenza dei ministri della Salute Ue.
Il Garante: “No ai green pass di privati senza una legge nazionale”
Ma dal Garante della privacy arriva il ‘no’ ai pass vaccinali di privati e Regioni (non al passaporto Ue) per accedere a locali o fruire di servizi senza una legge nazionale. “I dati relativi allo stato vaccinale, infatti – spiega il Garante-, sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone. Conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali“.
La questione sarà quindi oggetto di “una prossima segnalazione al Parlamento”.