Disparità nelle cure del tumore alla prostata, necessità di un accesso equo e tempestivo
L’indagine civica di Cittadinanzattiva evidenzia gravi disparità nelle cure del tumore alla prostata in Italia, nonostante l’adozione di Prostate Cancer Unit e PDTA in molte strutture sanitarie.
L’84,5% dei pazienti riferisce di non essere stato preso in carico da un team multidisciplinare, nonostante l’82,5% delle strutture (8 su 10) affermi di avere al proprio interno una Prostate Cancer Unit o un Gruppo multidisciplinare dedicato. Allo stesso modo, 8 pazienti su 10 (75,9%) dichiarano di non essere stati inseriti in un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale), mentre il 66,7% delle strutture intervistate afferma di aver adottato un PDTA dedicato al tumore della prostata.
Il tempo di attesa dalla diagnosi alla presa in carico del paziente è generalmente accettabile: fino a 15 giorni nel 45,6% dei casi, tra 16 giorni e un mese nel 40,4% dei casi e superiore a un mese nel 14% dei casi. Sette regioni (Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Valle D’Aosta, Lazio, Umbria, Sicilia) riferiscono di aver attivato le Prostate Cancer Unit o Gruppi multidisciplinari riconosciuti per il tumore alla prostata; la Calabria, pur non avendo attivato né la PCU né Gruppi multidisciplinari riconosciuti, ha previsto e organizzato un PDTA dedicato.
Questi dati emergono dall’indagine civica di Cittadinanzattiva presentata oggi durante l’evento “Salute oncologica maschile: indagine civica sul tumore alla prostata”. Il lavoro è stato realizzato in partnership con Europa Uomo e con il contributo non condizionato di Novartis. All’indagine hanno partecipato 138 cittadini/associazioni di pazienti (di cui oltre il 40% ha avuto un’esperienza diretta o indiretta della patologia tumorale prostatica), 57 Direzioni Generali (di Presidi Ospedalieri/Aziende Ospedaliere, IRCCS, Aziende Ospedaliere Universitarie e strutture private) e 8 Regioni (Piemonte, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Valle d’Aosta, Lazio, Umbria, Sicilia) attraverso le Direzioni Generali della Salute regionali.
“Il nostro auspicio – dichiara Valeria Fava, responsabile coordinamento politiche per la salute di Cittadinanzattiva – è che, per una patologia così diffusa come il tumore alla prostata, si implementino modalità organizzative e assistenziali caratterizzate da multidisciplinarietà, percorsi di cura tempestivi ed efficaci, competenze specifiche e dialogo tra professionisti. Solo così l’accesso all’innovazione sarà adeguatamente garantito. Sarà inoltre necessario accompagnare questi elementi organizzativi con una particolare attenzione agli aspetti psicologici e alla qualità della vita, fortemente impattati dalla patologia. L’avvio di un percorso sull’oncologia maschile si inserisce nel cammino iniziato da tempo da Cittadinanzattiva con l’obiettivo di concentrarsi sempre di più sulle tematiche connesse alla medicina di genere.”
Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, in particolare la prenotazione di visite ed esami, 1 paziente su 3 (32,8%) riferisce che la struttura non ha prenotato gli esami necessari per giungere alla diagnosi e il 41,4% afferma che la struttura non ha prenotato le visite e gli esami di follow-up. I tempi di attesa sono considerati troppo lunghi per gli accertamenti durante il percorso di cura (40%) e per l’indicazione della terapia più appropriata (30%). In particolare, vengono segnalati come particolarmente lunghi i tempi per la biopsia prostatica (19%), la PET (19%) e la TAC (17,2%).
Prevenzione e qualità di vita dei pazienti
Dall’indagine emerge che quasi tutti gli intervistati (87%) sanno che il tumore della prostata è la patologia neoplastica più diffusa nella popolazione maschile e la stessa percentuale dichiara di aver ricevuto informazioni sul ruolo fondamentale della prevenzione, nonostante non esista ancora un programma di screening dedicato. Il tumore della prostata ha compromesso la qualità di vita del 74,1% degli intervistati, causando disfunzioni sessuali (90,7%) e dell’apparato urinario (48%) e problemi psicologici (ansia, depressione nel 65,1% dei pazienti). Quasi 7 pazienti su 10 hanno subito effetti collaterali a seguito delle terapie, e tra questi, il 20,7% non era stato adeguatamente informato e il 39,5% non ha ricevuto un supporto adeguato per gestirli. Inoltre, quasi la metà (44,8%) non ha ricevuto supporto psicologico. In tema di riabilitazione, il 41,4% non ha avuto accesso ai servizi forniti dalla struttura in cui è in cura.
Le proposte sono frutto delle evidenze raccolte e del lavoro di un tavolo di esperti sul tema (AIMN, AIOM, AIRO, CIPOMO, EUROPA UOMO, FNOPI, SIAPEC, SIFO, SIURO). Ecco le più rilevanti:
- Replicare per il tumore prostatico l’iter delle “linee di indirizzo sulle modalità organizzative ed assistenziali delle Breast Cancer Unit per la salute della donna nella patologia tumorale della mammella”, al fine di adottare un approccio più strutturato e multidisciplinare.
- Sensibilizzare la popolazione maschile sull’importanza della prevenzione del tumore alla prostata attraverso un intervento programmatico nazionale, anche con l’attivazione di campagne di comunicazione istituzionali.
- Promuovere la sorveglianza attiva per un monitoraggio costante del tumore della prostata a rischio di progressione basso e molto basso, con l’obiettivo di evitare trattamenti e relativi effetti collaterali che incidono sulla qualità di vita del paziente.
- Garantire a tutti i cittadini con patologia oncologica prostatica la possibilità di essere presi in carico dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con un PDTA specifico, per assicurare un accesso equo e tempestivo alle cure necessarie.
- Formalizzare in ogni Regione l’istituzione della Rete Oncologica Regionale per garantire l’omogeneità delle procedure e dei percorsi sul territorio; creare anche un Network nazionale di Gruppi oncologici multidisciplinari (GOM) per assicurare una presa in carico più appropriata ed efficace del paziente.
Fonte: sanita24.ilsole24ore.com