Cittadinanzattiva: 1 paziente su 5 rinuncia alle cure per motivi economici
Cittadinanzattiva ha presentato pochi giorni fa il XIX Rapporto sulle politiche della cronicità, dal titolo “La cura che (ancora) non c’è”.
Questo studio ha visto il coinvolgimento di 64 associazioni di pazienti con patologia cronica e rara aderenti al CnAMC (Coordinamento nazionale Associazioni Malati cronici), e di circa 3.000 pazienti.
I primi dati che saltano agli occhi sono quelli sui problemi nell’accesso o rinuncia alle cure. Infatti, un paziente su due dichiara che con la pandemia sono aumentate le criticità nell’accesso alla diagnosi e cura per la propria patologia.
A subire rinvii e ritardi sono ancora le visite specialistiche e diagnostiche. Sono in aumento le difficoltà ad attivare l’assistenza domiciliare integrata e a farsi riconoscere l’invalidità o handicap.
Fortunatamente, invece, va meglio sul fronte della prevenzione, grazie al recupero di alcuni ritardi negli screening programmati e nelle vaccinazioni ordinarie.
Altra nota positiva è che la pandemia ha dato un impulso positivo alla telemedicina.
Costi privati in aumento per un paziente su due e uno su cinque è stato costretto alla rinuncia alle cure
per motivi economici.
Ma vediamo i dati in dettaglio.
Circa tre associazioni su quattro denunciano la presenza di importanti differenze sul territorio nazionale e regionali sulla gestione e presa in carico dei pazienti.
Ad esempio, solo poco più di una su due (52,3%) afferma che sono presenti ovunque i registri di patologia (archivi informatizzati con i dati dei pazienti) e i cosiddetti PDTA (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali).
Quasi un cittadino su due (48,8%) ha avuto difficoltà nell’ottenere il riconoscimento dell’invalidità e handicap.
Principalmente perché i medici della commissione sottovalutano la patologia perché non la conoscono, e per i tempi eccessivamente lunghi per la visita di accertamento. Il 62% afferma le criticità sono aumentate con la pandemia.
“Le risorse che stanno arrivando con il PNRR sono preziose ma vanno accompagnate con misure che ne consentano solidità strutturale anche dopo il 2025, a cominciare da un adeguato potenziamento del personale sanitario, e con la realizzazione di quelli che da tempo sono strumenti prioritari ma ancora non attuati appieno per rispondere alle esigenze dei malati cronici e rari”, dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva.
“Si tratta innanzitutto di dare ovunque e uniforme attuazione, tanto al livello regionale, quanto a quello aziendale, ai PDTA e al Piano nazionale delle cronicità e monitorare il raggiungimento degli obiettivi previsti. Di finanziare e monitorare il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) su tutto il territorio, al fine di ridurre le diseguaglianze tra regioni ed assicurare a tutti i cittadini pari diritti. Tutto questo è importante che sia fatto attraverso un confronto costante con i cittadini e le associazioni di tutela dei diritti dei pazienti che, in questo anno e mezzo di pandemia, hanno mostrato di essere un fondamentale tassello del welfare del nostro Paese”.
Concludendo, se da un lato la pandemia ha avuto un impatto positivo sui servizi di telemedicina,
dall’altro lato ha acuito problemi già evidenti anche prima dell’emergenza.
Un paziente su due, 52,4%, ritiene aumentate le criticità, il 41,4% invariate e il 6,2% leggermente peggiorate. Il 40,5% dei cittadini dichiara che è più difficile effettuare una visita specialistica a causa degli ambulatori chiusi o delle liste di attesa. Si consideri che lo scorso anno la percentuale era del 35,3%.
Le segnalazioni di ritardi negli interventi chirurgici sono ancora di un cittadino su tre. Quindi stabili, anche se negative, rispetto all’anno precedente. Mentre 1 paziente su 5 rinuncia alle cure per motivi economici…