Sanità transfrontaliera può salvare SSN
Numeri che vanno da 35mila, a 300mila, a 410mila… No, non stiamo parlando di cifre da pagare, anche se molti stanno pagando, ma le conseguenze!
Stiamo parlando di quanti interventi chirurgi sono stati rimandati durante la prima ondata di coronavirus nel nostro paese.
Sono cifre che arrivano dalla denuncia del Presidente della Società Italiana di Chirurgia (SIC), dall’Associazione Italiana dei Medici Oculisti (AIMO) e dalla Società italiana di ortopedia e traumatologia (SIOT).
Per la prima volta, i congressi nazionali di queste Società si sono svolti via web in edizione digitale, proprio a causa della pandemia.
Sono stati portati ed analizzati i dati degli interventi chirurgici rimandati nella prima fase dell’emergenza Covid.
C’è stata una riduzione del 25% degli interventi e delle visite oculistiche, con quasi 3 milioni di visite rimandate o cancellate e circa 300mila interventi di cataratta in meno.
35 mila gli interventi ortopedici rimandati. Mentre le liste di attesa per assistenza ambulatoriale e chirurgica si sono allungate fino a sei mesi, con garanzia di intervento per i soli casi urgenti.
In totale, secondo Nomisma, sono stati circa 410mila gli interventi chirurgici rimandati a causa del dirottamento di anestetisti e infermieri verso i reparti Covid e della necessità di ridurre il rischio di esposizione al virus.
I primi di ottobre, il dottore De Paolis, Presidente della Società Italiana di Chirurgia, aveva dichiarato:
“Finita l’emergenza, le sale operatorie avrebbero dovuto lavorare al 120% delle loro possibilità, ma i blocchi operatori, in questo momento, stanno operando solo al 70%. Con conseguenze facilmente immaginabili in termini di liste d’attesa”.
Ora che sappiamo che l’emergenza non è assolutamente finita, ma anzi siamo solo agli inizi della seconda ondata di questa pandemia, come ci stiamo preparando ad affrontare nuovamente la chiusura delle sale operatorie, con tutto ciò che ne consegue? Oltre alla seconda ondata di coronavirus, ospedali e pazienti si troveranno ancora fare i conti con i danni collaterali della prima.
Alcune regioni, come il Veneto, la Lombardia e il Friuli, hanno già sospeso ogni attività chirurgica programmata che preveda il ricorso in terapia intensiva post-operatoria, fatta eccezione per le emergenze-urgenze. Altre regioni, come la Toscana, lo faranno a breve. “Stiamo per fermare tutte le attività programmate, è questione di giorni”. Lo afferma Paolo Morello Marchese, direttore generale dell’Asl Toscana Centro, in una dichiarazione dell’11 novembre.
Come sarà possibile per il nostro Servizio Sanitario Nazionale affrontare nel prossimo anno le lunghissime liste di attesa che si troverà di fronte? Quali sforzi e quanto impegno potrà chiedere ai suoi chirurghi se con questa seconda ondata il numero rischia addirittura di raddoppiare?
Certamente la buona notizia del vaccino Pfizer-BioNTech che si è dimostrato efficace al 90% ha dato una spinta di positività a tutta la comunità scientifica e sanitaria. Ma non deve trarre in inganno. Anche gli esperti dicono che prima di tornare alla nostra cara e vecchia “normalità” dovremo aspettare l’inverno del prossimo anno.
Dobbiamo dunque poter avere un piano B.
Per aiutare il Servizio Sanitario Nazionale a non rimanere ingolfato nel farraginoso sistema delle liste di attesa.
E soprattutto per aiutare i cittadini a potersi curare in tempi certi, ed aver ancora fiducia nei servizi della sanità pubblica.
Questo è quello che la Sanità Transfrontaliera, usufruendo della Direttiva 2011/24/UE, può fare per i cittadini italiani. In Italia è entrata in vigore nel 2014, grazie al Decreto Legislativo nr. 38 del 04/03/2014. Non se ne è mai molto usufruito, ma i tempi ora sono maturi.
La Sanità Transfrontaliera permette al cittadino italiano, che è in lista di attesa per un intervento chirurgico, di farsi operare in uno stato membro dell’Unione Europea, ed avere diritto al rimborso, richiesto ed accordato dalla propria ASL prima della partenza, dopo il rientro in Italia.
Precisamente, ecco come viene definita “lista di attesa” nel Decreto Legislativo:
“L’assistenza sanitaria in questione non può essere prestata sul territorio nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, sulla base di una valutazione medica oggettiva dello stato di salute del paziente, dell’anamnesi e del probabile decorso della sua malattia, dell’intensità del dolore e della natura della sua disabilita.”
La Sanità Transfrontaliera, detta anche Cross-Border Healhcare, potrà essere, se ben gestita, una boccata di ossigeno per il nostro SSN negli anni a venire. Società, come l’italiana SEF-Surgical European Facilitator, stanno già cercando di venire incontro ai pazienti su questo tema.